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martedì 29 luglio 2008

Filosoficamente ebbro

L'ebbrezza dionisiaca contro il declino della civiltà

A te piace il mondo classico? La semplicità, la sapienza e la purezza della civiltà greca dove ogni uomo poteva crescere, studiare e sviluppare i propri interessi senza l'intrusione del bombardamento mediatico che ha caratterizzato la nostra era. Certo, è ovvio che anche gli antichi greci subissero un qualche genere di influenza dalle culture degli altri popoli confinanti, ma questo è un fenomeno positivo che non ha niente a che vedere con quello che sta succedendo a noi.
Ritornando alla domanda precedente: ci sono delle persone a cui gli antichi greci non piacciono. Una di queste è il filosofo Nietzsche.

L'ebbrezza dionisiaca contro l'omologazione

Egli riteneva che l'umanità con l'evolversi avesse perso l'elemento naturale che le aveva permesso di vivere in pace e tranquillità senza tutti i problemi generati dalla morale, strumento usato dai deboli per prevalere sui forti.
Le tragedie greche nate prima dell'avvento di Socrate e Platone sono per il filosofo tedesco i prodotti più emblematici ed interessanti della cultura greca. L'animo dell'ateniese che assisteva alla tragedia riscopriva in sé qualcosa di quell'elemento originario da cui la tragedia era scaturita, ossia la componente dionisiaca. Essa viene interpretata come una forza metafisica originaria della Natura, come un impulso vitale, che porta con sé l'ebbrezza e la soppressione del principium individuationis; il risultato è dunque un saldo legame tra uomo e uomo, e anche tra uomo e Natura, la cui forza plasmante fa sì che ogni individuo partecipi dell'Uno-Tutto.
Il dionisiaco in quanto “ebbrezza” rappresenta l'elemento dell'affermazione della vita, della spontaneità, dell'istinto umano, della giocosità, raffigurerà nelle successive opere la volontà di potenza. È l'impulso che esprime la forza vitale propria del superuomo, l'ebbrezza che trova la sua manifestazione più compiuta nella musica e nella danza.
Bacco-Dionisio diventa al contempo sia espressione dello spirito dell'uomo primigenio, libero dalle convenzioni e dagli schiaccianti vincoli delle società più avanzate, sia espressione dello spirito poetico ed artistico di tutte le epoche.
Questo è il motivo per cui Dionisio non può non essere riscoperto da noi ebbri in un mondo dove la civiltà si è sviluppata in maniera esasperata e squilibrata a tal punto da perdere di significato quasi come quelle parole che ripetute in mente decine e decine di volte diventano vuote e prive di senso.

sabato 26 luglio 2008

È meglio una birra o una donna?

esemplare 1
esemplare 2

Curiosando tra i forum ho trovato un thread in cui c'era un divertente paragone tra una donna ed una birra fatto scoprendo analogie, al di là delle ovvie differenze, sorprendenti tra questi due improbabili termini di paragone.

Ovviamente sappiamo che una donna è infinitamente volte meglio di una birra, ma in preda all'euforia da single si è giunti ad una conclusione che molti potrebbero giudicare improponibile. Per questo motivo consiglio a chi potrebbe considerare troppo oltraggioso il risultato di questa curiosa riflessione di non continuare a leggere il testo.

Una birra è sempre bagnata.
La gnocca va incoraggiata.
* 1 Punto alla birra.

Una birra fa schifo servita calda.
* 1 Punto alla gnocca.

Una birra ghiacciata ti soddisfa.
* 1 Punto alla birra.

Se ti ritrovi un pelo nei denti bevendo birra, potresti aver voglia di vomitare.
* 1 Punto alla gnocca.

Se torni a casa puzzando di birra, tua moglie ti rimprovera.
Se torni a casa puzzando di gnocca, tua moglie potrebbe lasciarti.
* Punteggio pari (punti di vista!!!)

Dieci birre in una notte, e non puoi più guidare.
Dieci gnocche in una notte, e non c'e più bisogno di guidare.
* 1 Punto alla gnocca.

Compra troppa birra, e diventi grasso.
Compra troppa gnocca, e diventi povero.
* Punteggio pari.

Se ti fai una birra in un locale affollato, è normale.
Se ti fai una gnocca in un locale affollato, diventi un mito.
* 1 Punto alla gnocca.

Se un poliziotto ti sente addosso puzza di birra, potrebbe arrestarti.
Se un poliziotto ti sente addosso puzza di gnocca, potrebbe offrirti una birra.
* 1 Punto alla gnocca.

La birra, più è stagionata, meglio è.
* 1 Punto alla birra.

Se ti fai una birra con un preservativo indossato, non senti la differenza di gusto.
* 1 Punto alla birra.

Tanta birra può farti vedere gli ufo.
Tanta gnocca può farti vedere Dio.
* 1 Punto alla gnocca.

Se ti chiedi sempre come sarà la prossima gnocca, sei normale.
Se ti chiedi sempre come sarà la prossima birra, sei alcolizzato.
* 1 Punto alla gnocca.

Strappare l'etichetta da una bottiglia di birra è divertente.
Strappare le mutandine da una gnocca è MOLTO più divertente.
* 1 Punto alla gnocca.

Lo stato tassa la birra.
* 1 Punto alla gnocca.

Se provi a farti una birra durante il lavoro, potresti essere licenziato.
Se provi a farti una gnocca durante il lavoro, potresti essere arrestato con l'accusa di molestie sessuali.
* 1 Punto alla birra.

Se ti cade una birra, potrebbe rompersi.
Se ti cade una gnocca, potrebbe prenderti a calci in culo come il cane che sei.
* 1 Punto alla birra.

Se cambi birra, potresti amaramente ricordarti del vecchio sapore.
* 1 Punto alla gnocca.

La piu bella gnocca che ti sei mai fatto non è scomparsa appena te la sei goduta.
* 1 Punto alla gnocca.

La peggiore gnocca che ti sei mai fatto non è scomparsa appena te la sei goduta.
* 1 Punto alla birra.

Se ti fai un'altra birra, la prima non s'incazza.
* 1 Punto alla birra.

Sei sempre sicuro di essere il primo ad "aprire" una birra.
*1 Punto alla birra.

Se fai agitare una birra, dopo un po' si calma da sola.
*1 Punto alla birra.

Una birra non potrà mai renderti veramente felice
*1 Punto alla gnocca.

Bionda, rossa, bruna o nera, in qualsiasi momento puoi scegliere la birra che vuoi.
*1 Punto alla birra.

Di una birra, si sa esattamente al centesimo quanto verrà a costare.
*1 Punto alla birra.

La birra non si lamenta mai che le cinture di sicurezza sono troppo strette.
*1 Punto alla birra.

La birra non si lamenta mai se la porti dove vuoi tu.
*1 Punto alla birra.

La birra non ti dice di diventare vegetariano.
*1 Punto alla birra.

La birra non urla per piccolezze come il coperchio del cesso alzato.
*1 Punto alla birra.

La birra non ha una madre.
La birra non ha un avvocato.
*1 Punto alla birra.

La birra spesso ne sa più di computer di una donna...
*1 Punto alla birra.

La birra non impazzisce una volta al mese.
*1 Punto alla birra.

La birra non ti dice "zitto che svegli i bambini".
*1 Punto alla birra.

La birra non vuole la parità di diritti.
*1 Punto alla birra.

La birra non scapperà mai con la tua carta di credito.
*1 Punto alla birra.

Quando cambi birra, non devi pagare gli alimenti.
*1 Punto alla birra.

Quando prima la guardi, e poi le dici che te la vuoi fare, la birra non si mette a urlare.
*1 Punto alla birra.

* Punteggio finale: birra batte gnocca 26 - 14.

(se sei una donna ed in questo momento ti stai incazzando sappi che una birra non avrebbe rotto le palle se avesse perso questo scontro: un altro punto alla birra!)

venerdì 25 luglio 2008

Appello agli ebbri

Se riesci a leggere questo rigo hai tutti i requisiti necessari per scrivere nel blog degli ebbri

Cari ebbri, sto cercando scrittori per il nostro blog IN VINO VERITAS. Il blog sta avendo un discreto successo perché attualmente è la home page di due tribù ebbre che complessivamente superano i 300 membri. In più molti utenti di tribal hanno inserito l'indirizzo del blog nel proprio profilo.

Tuttavia attualmente mi trovo ad essere il factotum del blog in quanto oltre a scrivere devo anche amministrarlo. Il mio non è un compito gravoso perché mi piace scrivere per questo blog cercando di trattare ogni argomento in un'ottica ebbra e inoltre non ci sono obblighi di alcun tipo. Persino gli argomenti su cui ho scritto sono svariatissimi uniti tuttavia da un sottilissimo filo logico comune. Un blog che ha un unico componente che scrive prima o poi finisce con l'impoverirsi e anche la frequenza dei post è messa in serio pericolo. Il vero ebbro non ha paura di essere giudicato o di sbagliare, ma con molta naturalezza osserva e nota con occhio non conformista le stranezze del mondo in tutte le epoche, magari divertentosi e evitando di cadere nell'intento pseudo-moralistico di quest'epoca curiosa.
Per scrivere nel blog è necessario un account Google. Se siete interessati contattatemi o via email o sul blog stesso!

giovedì 24 luglio 2008

Un simpatico espediente di Aristotele



Aristotele insegna ad Alessandro, scena tratta da Alexander

Gellio nelle "Notti attiche" ci racconta un episodio degli ultimi giorni della vita di Aristotele che persino in punto di morte riesce a stupire con il suo incredibile tatto, scegliendo un successore del Peripato da lui fondato attraverso un simpatico espediente per non offendere nessuno.
Il filosofo ormai morente chiese che gli portassero sia il vino di Rodi sia quello di Lesbo (le due località da cui provenivano i due discepoli migliori) e dopo averli assaggiati entrambi giudicò che il migliore fosse quello di Lesbo. Tutti i presenti capirono che Aristotele non aveva giudicato i due vini, ma i suoi due discepoli e quindi dopo la sua morte tutti i discepoli passarono sotto la guida di Teofrasto, il discepolo di Lesbo.
E' evidente l'analogia: come esistono diversi tipi di vino, dagli aspri e robusti ai gradevoli e dolci, così esistono svariati caratteri e personalità tra gli uomini. Sta a noi invecchiare come un buon vino diventando sempre più gradevoli per quelli che ci circondano.

Gellio :
Il filosofo Aristotele, ormai all’età di circa 62 anni, era malato e sofferente nel corpo e con una tenue speranza di vita. Allora tutta la schiera dei suoi discepoli andò da lui pregandolo e scongiurandolo affinché egli stesso scegliesse un successore che ne prendesse il posto e il magistero da seguire poi dopo la sua morte come avevano seguito lui stesso, per completare e coltivare gli studi delle dottrine in cui erano stati istruiti da lui. Vi erano allora nella sua scuola molti allievi bravi, ma di questi due erano eccellenti, Teofrasto e Menedemo. Costoro superavano gli altri per talento e dottrina; l’uno era dell’isola di Lesbo, Menedemo, invece, di Rodi. Aristotele rispose che avrebbe fatto ciò che volevano, quando fosse stato per lui opportuno.

Poco tempo dopo, alla presenza di quegli stessi che avevano chiesto di designare un maestro, disse che il vino che allora beveva non si confaceva al suo stato di salute, anzi era dannoso e aspro e perciò si doveva cercarne uno forestiero, o uno di Rodi o uno di Lesbo. Chiese che glieli procurassero entrambi e disse che si sarebbe servito di quello che gli fosse piaciuto di più. Vanno, li cercano, li trovano, li portano. Allora Aristotele chiede il vino di Rodi, lo assaggia: “Robusto, disse, per Ercole, questo vino e gradevole”. Chiese poi quello di Lesbo. E, assaggiatolo allo stesso modo: “Entrambi di buona provenienza, ma più dolce il vino di Lesbo”. Come ebbe detto ciò, nessuno dubitò che con quella frase avesse scelto, in modo spiritoso e nello stesso tempo garbato, il suo successore, non il vino. Egli fu appunto Teofrasto di Lesbo, uomo di straordinaria soavità d’eloquio e contemporaneamente di vita. E così, essendo Aristotele morto dopo non molto tempo, passarono tutti sotto la guida di Teofrasto.
Traduzione ad opera di Splash Latino

Gellio, Noctes Atticae 13. 5. 1-12


Brano latino

martedì 22 luglio 2008

Alcune notizie storiche


Se come giustamente dice Ernest Hemingway: "il vino è uno dei maggiori segni di civiltà nel mondo" è perché la storia del vino è un po' come la storia stessa dell'umanità e quindi risulta difficile tracciarne con precisione il corso: ogni civiltà, ogni impero, ogni vicenda politica e di potere ha avuto le proprie storie di vino, più o meno legate agli eventi stessi che hanno delineato il corso della storia.
Già illustri esperti di tutto il mondo hanno parlato a proposito del vino. Io mi limiterò semplicemente a presentare in modo semplice e sintetico le tappe fondamentali dello sviluppo di questa straordinaria bevanda, nella certezza che la conoscenza, seppure superficiale, di questo cammino ci permetta di apprezzare e capire meglio il vino di oggi.

Nei tempi antichi

La storia del vino muove i primi passi in oriente, nella culla della civiltà. La Bibbia, nella Genesi, ci riferisce di Noè che appena uscito dall'arca pianta una vigna e ne ottiene vino, fornendoci testimonianza del fatto che le tecniche enologiche erano ben conosiute già in epoca prediluviana.

Gli Egiziani furono maestri e depositari di tali tecniche. Con la cura e la precisione che li distingueva, tenevano registrazioni accurate di tutte le fasi del processo produttivo, dal lavoro in vigna alla conservazione. Ne abbiamo testimonianza dai numerosi geroglifici che rappresentano con grande ricchezza di particolari come si produceva il vino dei faraoni. Paradossalmente possiamo dire di sapere tutto e niente del loro vino, ovvero sappiamo come lo facevano ma non possiamo purtroppo sapere che sapore avesse!

Attraversi i Greci e i Fenici il vino entrò in Europa. I poemi omerici testimoniano ampiamente la presenza e l'importanza del vino: a Polifemo, ad esempio, viene propinato puro un vino che secondo le usanze dell'epoca veniva diluito con 16 parti di acqua! A quel tempo il vino si diffuse proprio in terre come l'Italia, la Francia e la Spagna che ne sarebbero diventate la patria.

All'epoca dell'Impero Romano la viticoltura si diffuse enormemente, raggiungendo l'Europa settentrionale. I più celebri scrittori non lesinavano inchiostro per elargire i propri giudizi e decantare le virtù dei vini a loro più graditi. Si scrisse tanto sul vino che oggi non è difficile ricostruire una mappa vinicola della penisola al tempo dei Cesari. Le tecniche vitivinicole conobbero in quei secoli notevole sviluppo: a differenza dei Greci, che conservavano il vino in anfore di terracotta, i Romani cominciarono a usare barili in legno e bottiglie di vetro, introducendo, o quantomeno enfatizzando, il concetto di "annata" e "invecchiamento". Fu a partire dal secondo secolo che si cominciò a dare importanza alla coltivazione della vite in Borgogna, nella Loira e nella Champagne.

Nel Medioevo

Nei secoli bui del Medioevo il potere assoluto della Chiesa influì fortemente sullo sviluppo della vitivinicoltura, così come sullo sviluppo di ogni altro campo della vita sociale e artistica. Il vino, ma soprattutto il buon vino, era ancor più sinonimo di ricchezza e prestigio e l'eccellere nella produzione di qualità divenne per alcuni ordini ecclesiastici quasi una ragione di vita. I Benedettini, diffusi in tutta Europa, erano famosi per il loro vino e per il consumo non proprio moderato che ne facevano.

Quando Bernardo, ex monaco benedettino, fondò nel 1112 l'ordine dei Cistercensi, fu dato ulteriore impulso al tentativo di produrre vini di alta qualità specialmente in Borgogna, obiettivo alimentato anche dalla forte competizione tra le abazie.

Intanto Bordeaux fa storia a sè, dominata non dal potere ecclesiastico ma da interessi commerciali con l'Inghilterra, sempre più interessata al suo claret o chiaretto. Questo legame vinicolo tra Francia e Inghilterra, nonostante qualche peripezia, è destinato a durare nei secoli.

Si comincia a delineare fortemente in questi secoli il ruolo centrale della Francia nella produzione di grandi vini, ruolo che soltanto negli ultimi decenni ha cominciato a conoscere degni antagonisti, fra i quali l'Italia.

Gli ultimi secoli

Gli ultimi secoli della nostra era sono stati testimoni di uno sviluppo straordinario delle tecniche vitivinicole. L'arrivo della cioccolata dall'America, del tè dalla Cina, del caffè dall'Arabia e la diffusione di birra e distillati nel XVII secolo, rese la vita difficile al vino, che perse il primato di unica bevanda sicura e conservabile. Questo ha spinto i produttori a cercare la migliore qualità per competere con i nuovi arrivati. L'evoluzione tecnologica nella lavorazione del vetro rese più facile la relizzazione di bottiglie adatte e la scoperta del sughero rese possibile condizioni di conservazione ideali.

Nella Champagne si cominciò a parlare di un monaco benedettino, Dom Perignon, famoso per il suo perfezionismo quasi maniacale e per il suo straordinario vino. Molti non sanno che l'obiettivo di Dom Perignon era quello di ottenere un vino perfettamente fermo, ma i suoi sforzi erano frustrati da un clima e da un terreno che facevano inesorabilmente rifermentare il vino nelle bottiglie rendendolo spumeggiante.

Nel XVIII secolo si consolidò la tendenza a produrre vini più intensi, scuri e fermentati a lungo. Cominciò ad affermarsi in questo contesto il porto come straordinario vino da lungo invecchiamento.

Intanto i grandi Chateau di Bordeaux continuavano a produrre vini di pregio per i loro migliori clienti, gli inglesi, che non hanno mai potuto contare su una produzione locale di quantità (e tantomeno di qualità).

Il XIX secolo ha vissuto la massima euforia vitivinicola. L'economia nazionale di molti paesi si basava sulla produzione di vino. Ma prima della fine del secolo, doveva abbattersi il grande flagello della filossera, un parassita che colpisce le radici della vite europea. Quasi tutti i vigneti d'Europa andarono distrutti o furono gravemente danneggiati. La soluzione , non certo indolore, fu quella di ripartire da zero innestando la vite europea sulla radice americana immune alla filossera.

La rivoluzione industriale ha cambiato, negli ultimi decenni, il mondo del vino. Grazie alle tecniche di refrigerazione dei vasi vinari, paesi caldi come la California e l'Australia hanno cominciato a produrre vini eccellenti, grazie anche a uve di eccezionale qualità. Il Nuovo Mondo ha avuto la capacità, grazie alla mancanza di convenzioni e condizionamenti, di imparare in fretta e raggiungere risultati straordinari in pochissimo tempo.

La situazione in Italia

Nel nostro paese si è sempre pensato di saper fare il vino meglio degli altri. Senza dubbio l'Italia è un paese strordinarimante vocato alla viticoltura (non dimentichiamo che i Greci la chiamavano Enotria, terra del vino). Purtroppo però questa vocazione del territorio non è stata mai sfruttata appieno. Pesano come un macigno le parole di quel viticoltore francese che negli anni '50 disse al grande Veronelli: "Voi da uve d'oro fate vini d'argento, noi da uve d'argento facciamo vini d'oro". Purtroppo aveva ragione. Dal Medioevo a oggi in molte zone d'Italia è cambiato ben poco nel modo di allevare viti e fare vino. Per i più, vige ancora la cultura del "vino del contadino" come massima lussuria enologica, finendo per scambiare per buon vino prodotti instabili e spesso maleodoranti.

Da alcuni anni per fortuna qualcosa sta cambiando. Sempre più aziende cominciano a lavorare sulla qualità, sulla bassa resa per ettaro e sull'applicazione di criteri scientifici in fase di vinificazione. Così al fianco di Sassicaia, Tignanello e compagnia stanno sorgendo una gran quantità di vini eccelenti che nulla hanno da invidiare ai grandi vini francesi, californiani o australiani.

Il potenziale dell'Italia vitivinicola è immenso e le aziende l'hanno capito. D'altra parte i consumatori si dividono ancora in "bevitori" e "degustatori", i primi (ancora la maggioranza) affezionati al vino della casa e un po' incuranti della qualità, i secondi più consapevoli del fatto che il vino può essere un'opera d'arte.

sabato 19 luglio 2008

L'odio religioso non è mai stato così divertente


Chissà quante sono state le guerre di religione combattute per far prevalere le proprie convinzioni, le proprie idee e il proprio credo. Tutto questo fa parte delle assurdità dell'uomo: possiamo ben dire che le guerre di religione sono soltanto una delle tante conseguenze del non saper accettare le differenze che esistono tra i popoli.

Insomma, è risaputo che in antichità (forse anche oggi) ogni popolo era convinto di essere il migliore mai esistito e che idee, costumi e modi di pensare propri fossero i migliori in assoluto: non per niente gli altri popoli solitamente venivano indicati con il termine "barbari".

Questa presunzione ha provocato le prime guerre di religione che con il passare del tempo sono diventate un pretesto per commettere soprusi. Ad esempio le crociate fatte dai cristiani per conquistare la terra santa furono un'impressionante presa per i fondelli... a smuovere i cavalieri fu la possibilità di poter ottenere nuovi feudi in Mesopotamia e aumentare così il loro patrimonio. I crociati facendosi scudo della magica frase "E' Dio che lo vuole" hanno commesso le peggiori barbarie, ma nessuno per secoli è stato abbastanza lucido da capire l'assurdità delle crociate e di tutte le guerre di religione.

gli dei di Faith fighter
Oggi c'è ancora chi è disposto a combattere per far prevalere la propria religione fatta da uomini imperfetti e c'è ancora chi approfitta della religione per potersi arricchire, ma fortunatamente questi sono una minoranza ristretta che non dovrebbe causare grossi problemi nell'immediato futuro. Visto che le guerre di religione non dovrebbero più costituire una preoccupazione seria (volendo essere ottimisti!), giustamente sono diventate soggetti di giochi del genere picchia duro. E' il caso di Faith fighter, realizzato dalla molleindustria dove a combattere le guerre di religione non sono gli uomini ma gli dei!
La vena ironica che attraversa il gioco non guasta, anzi fa riflettere.

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