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venerdì 6 marzo 2009

Il lato oscuro dei puffi

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L'altra volta ho accennato alla possibilità che Batman possa essere stato un tentativo della civiltà capitalistica di far sembrare i miliardari buoni ed altruisti. Oggi invece parlerò dei Puffi come possibile tentativo mediatico di indottrinamento comunista.
L'idea mi è venuta quando ho notato che l'economia del villaggio dei Puffi è fortemente influenzata dal modello socialista reale: per cominciare Grande Puffo, leader indiscusso dei Puffi, molto somigliante a Karl Marx, è l’unico artefice dei piani economici del villaggio in cui non è possibile rintracciare attività private volte a fini di lucro. La stessa produzione dei Puffi viene ridistribuita secondo criteri egualitaristici stabiliti da Grande Puffo; per cui ogni Puffo ottiene, indipendentemente dalla sua produzione, la stessa quantità di risorse di qualsiasi altro Puffo, anche di quelli che hanno prodotto di meno. Un altro aspetto tipico dell'ideologia socialista è l'assoluta mancanza di un mercato e della moneta all’interno del villaggio. Tutta l'economia del villaggio si regge su princìpi redistributivi stabiliti e pianificati dall’alto. Nel villaggio non viene praticato nemmeno il baratto perché i Puffi sono “perfettamente uguali tra loro” anche nelle necessità e nei bisogni. Persino Grande Puffo abita in una casa uguale a tutte le altre all'interno del villaggio. Inoltre, dal momento che nella società dei Puffi i mezzi di produzione appartengono al popolo, nel villaggio non ci sono classi sociali. La società dei Puffi può essere quindi vista come un proletariato che si è emancipato dalla schiavitù borghese e vive applicando le idee del socialismo reale. Grande Puffo è colui che stabilisce cosa serve, in che quantità e quando deve essere prodotto o raccolto. Perciò la conformazione del villaggio dal punto di vista economico è sul modello dell'azienda collettiva sovietica. Questa inquietante analogia con i princìpi del marxismo-leninismo, soprattutto nella sua attuazione, è sicuramente una prova della faziosità del cartone animato.
Anche le canzoni che i Puffi cantano durante le attività lavorative ricordano le canzoni trattanti temi sociali, create appositamente dall'intelligence sovietico, che i lavoratori del regime cantavano inneggiando al proletariato e alla produzione. Una di queste ha addirittura una certa somiglianza con l'inno dell’URSS. Nel villaggio l’attività lavorativa viene scandita dal ritmo di canzoni che servono ad incitare i Puffi nel loro lavoro. È tipica la scena in cui i Puffi si incamminano in fila indiana, con Grande Puffo come capofila, per recarsi a lavoro cantando canzoni che hanno lo scopo di incentivare la produzione. Inoltre le canzoni cantate servono anche a determinare e consolidare l’appartenenza dei membri alla comunità; lo stesso scopo delle note della prima Internazionale Socialista. Durante le attività lavorative è immancabile la coordinazione e la supervisione di Grande Puffo che infatti dirige anche le famose orchestre dei Puffi.
Nel villaggio è anche possibile identificare un’oligarchia molto vicina ai Kulaki, termine che indicava la classe agiata dei contadini. Come sosteneva Miovan Gilas nei suoi scritti sull’oligarchia del regime comunista, anche fra i Puffi ci sono individui che, godendo del favore del capo, si arricchiscono alle spalle del popolo. Ne è un esempio Puffo Goloso, che, infischiandosene dell’equa redistribuzione del cibo, approfitta della propria posizione per soddisfare la sua ingordigia alle spalle degli altri puffi.
Quindi, prendendo in esame anche solo questo aspetto del cartone animato, già si può dire che se i Puffi avessero un colore politico, sarebbe il rosso. Dire di volere una società come quella dei Puffi equivale a dire di volere una società comunista.

Un altro aspetto, non così evidente ma comunque rilevante, della faziosità del cartone animato riguarda il linguaggio dei puffi. I nomi dei personaggi non vengono dati alla nascita come avviene nella prassi comune, ma scaturiscono dal ruolo che ogni individuo occupa nel processo produttivo. Da un punto di vista semantico, inoltre, la parola “puffo” oltre ad essere anteposta al nome dell’individuo per qualificarlo (Puffo Inventore, Puffo Poeta, Puffo Forzuto, ecc.) molte volte si sostituisce anche al normale frasario. Ad esempio il verbo “fare” viene sostituito da “puffare”.
Da ciò, nell'ottica ideologica del cartone, è possibile arrivare alla conclusione che Puffo possa essere inteso nel significato di Compagno. Pertanto, proprio come fra i membri del partito Comunista, anche i Puffi fra di loro si chiamano compagni.

Il nemico dei Puffi è Gargamella, un mago con scarse capacità, di mezza età, brutto, pelato e soprattutto molto cattivo. Lo scopo della sua vita è quello di catturare i Puffi al fine di trasformarli in oro. È certamente il nemico numero uno dei Puffi, dal quale diffidare sempre perché malvagio ed ìnfido. Il fatto che Gargamella voglia trasformare i Puffi in oro e quindi in mercato non è casuale. Questo aspetto fondamentale permette di considerarlo come la personificazione del capitalismo ed inoltre, continuando ad interpretare in chiave simbolica il cartone, è possibile che il libro di formule magiche adottato dal perfido mago non sie nient'altro che un richiamo alla pochezza della cultura occidentale, più volte denunciata dal regime sovietico.
I Puffi si trovano sempre a combattere contro Gargamella riuscendo ogni volta a sopraffarlo brillantemente: ciò è segno dell’incompatibilità tra il sistema socialista e quello capitalista che, come previsto da Stalin, avrebbero finito inevitabilmente con lo scontrarsi tra loro.
Gargamella possiede un gatto di nome Birba. Tale gatto è cattivo come il padrone ed ha un aspetto molto ripugnante. Anche Birba caccia i Puffi, ma per mangiarli e nutre un odio viscerale verso il popolo blu. Nella versione originale del cartone animato Birba si chiamava Azreal, tipico nome di origine ebraica, quindi probabilmente il gatto rappresenta l’altro grande nemico del regime sovietico: gli Ebrei. Birba/Azreal potrebbe rappresentare un incitamento ai pogrom, termine storico di origine russa che indica le sommosse popolari antisemite, oppure contribuire a rafforzare la diffidenza nei confronti degli Ebrei: basti ricordare Stalin e la congiura dei medici.

Per molti anni il cartone animato "Il villaggio dei Puffi" è stato trasmesso dalle televisioni di tutto il mondo con un enorme successo, creato nel 1958 da un fumettista di origine belga, Pierre Cuillford detto Peyo, nato nel 1928 e morto nel 1992, ha per molto tempo monopolizzato i palinsesti, diventando negli anni ottanta un vero fenomeno cult per i giovani telespettatori.
Il target a cui erano diretti i Puffi comprendeva quella fascia di età fra i 5 e i 12 anni che nell'età successiva al boom demografico ed industriale costituiva una larga fetta della platea televisiva, soprattutto nei paesi occidentali.
I modelli di comportamento trasmessi dal cartone animato erano pregni di messaggi che richiamavano esplicitamente al marxismo-leninismo, inoltre numerosi messaggi subliminali inseriti nelle varie puntate trasmettevano un'idea di mondo governato dalle regole del socialismo reale.
Probabilmente, i Puffi sono stati un tentativo mediatico di indottrinamento politico a favore del modello di vita comunista e sovietico in particolare.
È difficile definire chi sia stato l'artefice di ciò, sicuramente la tattica comunicativa ricorda lo stile dell'intelligence sovietica che, dai tempi dello Zar, con i "Protocolli dei Savi anziani di Sion", aveva dimostrato di sapere utilizzare molto bene i mezzi di comunicazione per i propri scopi.
Lo scenario geopolitico e geostrategico degli anni ottanta aveva fatto emergere tutte le pecche del modello socialista, i ragazzi del 68 adesso erano genitori e le nuove generazioni di bambini erano molto più facili da raggiungere con la TV che non con altri mezzi.
Il crollo del regime sovietico non era previsto dagli analisti di entrambe le parti non prima di venti o trent'anni e ancora non era iniziata la così detta era del disgelo.
Forse non avremo mai la certeza che il cartone animato fosse un lento attacco alle basi del sistema capitalista per penetrare nelle menti delle future classi dirigenti occidentali instillando idee socialiste.
D'altro canto è vero anche il fatto che le teorie sulla comunicazione erano ancora fortemente legate alla Scuola di Francoforte; da ciò sicuramente non può che nascere un sospetto.

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